sabato 1 dicembre 2007

Ricordo di Federico


Ieri ho aggiunto questo articolo pubblicato su "la nuova Ferrara" che parla della seconda udienza del processo per l'omicidio di Federico può sembrare che non riguarda il migliorare la vita ,ma secondo me bisogna iniziare a lottare perché queste cose non avvengano in Italia e in nessun altro paese.

venerdì 30 novembre 2007

Ciao Aldro


Quello che è accaduto all'alba del 25 settembre 2005 è rimasto ai margini, ieri, della seconda udienza del processo Aldrovandi. L'audizione dei primi testimoni dell'accusa (i genitori del diciottenne morto durante un intervento di polizia e gli amici che trascorsero con Federico la sua ultima notte) ha portato infatti a esplorare soprattutto il “prima” e il “dopo” di quella tragica mattina.

I quattro imputati, Paolo Forlani, Enzo Pollastri, Luca Pontani e Monica Segatto (tutti presenti) solo a tratti sono stati citati dai teste o nelle domande del pubblico ministero Nicola Proto, degli avvocati di parte civile Fabio Anselmo, Riccardo Venturi, Alessandro Gamberini e Beniamino Del Mercato, o della difesa Michela Vecchi (affiancata da Davide Bertasi), Gabriele Bordoni, Alessandro Pellegrini e Giovanni Trombini. Perché il protagonista dell'udienza di ieri è stato un ispettore di polizia che finora era sempre rimasto al “riparo” dell'attenzione mediatica. Si tratta di Nicola Solito, uno dei dirigenti della Digos, e che secondo la testimonianza di Patrizia Moretti, la mamma di Federico, rappresenta una figura chiave per ricostruire - appunto - il “dopo”.

Perché ieri il processo si è concentrato - oltre che sulla ultima serata di Federico - sulle fasi successive alla sua morte, e sulle quali i familiari e gli avvocati di parte civile a più riprese in passato hanno puntato il dito. Fu proprio Solito, la mattina del 25 settembre, a dare ai genitori la notizia della morte del ragazzo, dopo ore frenetiche passate a cercarlo al cellulare, a chiedere informazioni in Questura o all'ospedale. Fino alle 11 del 25 settembre, le uniche informazioni che i genitori erano riusciti a ottenere - da una voce maschile che si era qualificata come agente di polizia rispondendo a una chiamata del papà - era che Federico aveva perso il cellulare in via Ippodromo.


«Nicola Solito è un amico di famiglia - ha raccontato la mamma - i nostri figli sono cresciuti insieme. Quella mattina è venuto a casa nostra accompagnato da due agenti in divisa». E' a quel punto che i genitori sanno che Federico è morto. «Ma ancora non capivamo bene in che circostanze. Solito ci ha riferito che non sembrava più lui. Che i suoi colleghi gli avevano raccontato che si era fatto male da solo sbattendo la testa contro il muro, che gli agenti erano intervenuti per fermarlo ma che non avevano fatto nemmeno in tempo a toccarlo, perché gli era morto davanti. Mi ha anche consigliato di non andare a vederlo». Il riconoscimento del cadavere spetterà allo zio paterno, che torna dall'obitorio «sconvolto».

Ma, ha proseguito la mamma, fino a quel momento «non avevamo sospetti». Nemmeno quando lo stesso Solito, il giorno dopo, consiglia: «Fossi in te mi procurerei un avvocato e un medico legale». Le perplessità hanno cominciato a maturare «due giorni dopo, il 27 settembre, quando siamo stati convocati in Questura con una telefonata dello stesso Solito. Pensavamo di ricevere parole di solidarietà dal questore, invece siamo stati aggrediti».

Il motivo della convocazione, ha detto ancora la mamma, è un articolo del “Carlino” in cui la famiglia, attraverso i suoi legali, affermava che il ragazzo era “sfigurato”. «Il questore Elio Graziano voleva sapere perché avessimo detto quelle cose ai giornali, ma io e mio marito non avevamo mai parlato con nessun giornalista, forse l'aveva fatto il nostro legale (Fabio Anselmo, ndr). Il Questore ha anche aggiunto che fino a quel momento avevamo ricevuto un trattamento di favore, perché alla stampa era stata fornita la versione del malore. Al colloquio era presente anche il capo della Mobile Pietro Scroccarello, che ci ha detto che le indagini sulla morte di Federico sarebbero state indirizzate al centro sociale “Link” di Bologna, dove nostro figlio aveva trascorso la serata. Secondo loro Federico aveva assunto sostanze e ha aggiunto che poteva succedere anche nelle migliori famiglie».

Ma a incrinare la fiducia dei famigliari nelle indagini, ha detto ancora Moretti, sono state soprattutto tre affermazioni. La prima, sempre del questore Graziano, «che ci ha riferito che i quattro agenti dopo l'incontro con Federico si erano fatti refertare, ma non avevano intenzione di chiederci i danni». La seconda, del procuratore capo Severino Messina «che prima ancora dell'autopsia ha dichiarato alla stampa che Federico non era morto per le percosse. Era la prima volta che sentivamo parlare di percosse, fino a quel momento ci avevano detto di un malore». La terza è dell'ispettore Solito. «Dopo il colloquio in Questura è venuto a casa nostra per dirci di liberarci del nostro avvocato e di aver fiducia nelle indagini. Ma dopo una lunga pausa ha aggiunto: “Sono padre anch'io e al vostro posto seguirei il mio cuore”».


La tappa successiva, prima dell'apertura del blog che ha dato al caso rilevanza nazionale, è stata l'autopsia: «Il nostro medico legale, il dottor Zanzi, ci ha detto che Federico era stato pestato violentemente, anche se nessuno dei colpi ricevuto risultava mortale». Ma è Solito a entrare ancora in scena la primavera scorsa, alla vigilia dell'apertura della cosiddetta “inchiesta bis” (i verbali della Questura sull'intervento delle due Volanti in via Ippodromo la mattina del 25 settembre, i cui orari sarebbero stati manomessi). Moretti ha raccontato di aver incontrato Solito nel marzo scorso, per caso, alla pista di pattinaggio dove entrambi avevano accompagnato i figli: «In quell'occasione mi ha detto di essere a conoscenza di fatti specifici che riguardavano la vicenda di mio figlio e che fino a quel momento non aveva riferito per timore di ripercussioni sul suo lavoro. Ha detto che però non avrebbe dato a me quelle informazioni, ma che avrebbe parlato solo in una sede tutelata. E a questo proposito ha aggiunto che temeva un processo abbreviato che non gli avrebbe dato la possibilità di parlare».

La difesa ha chiesto e ottenuto di acquisire questo verbale rilasciato da Moretti al pm Proto. Verbale finora “inedito” perché legato appunto all'inchiesta bis, e non al procedimento contro i quattro agenti. E l'attenzione, ora, è puntata sulla testimonianza dell'ispettore Solito.

venerdì 28 settembre 2007

Bologna, scambiate le Tac operata per sbaglio muore


Aveva 54 anni. Le hanno tolto un rene sano, due giorni dopo è morta
Confuse le lastre radiologice di due donne con lo stesso cognome.
Non era suo il rene malato. Nel reparto di Urologia le hanno attribuito la Tac di un'omonima. Lei era sana, ma quando è arrivata sul tavolo operatorio ormai era troppo tardi. Nessuno si è più accorto che le immagini radiologiche che stavano per guidare la mano del chirurgo erano di un'altra donna. Le hanno tolto il rene sano e, per doppia sfortuna, la donna, 54 anni, ha anche avuto una conseguenza post-operatoria, forse un'embolia, che due giorni dopo l'ha condannata. Morta per un'operazione che non avrebbe mai dovuto fare.

Il clamoroso errore della più classica malasanità è avvenuto nonostante ci si trovi in un reparto di eccellenza del Policlinico Sant'Orsola, una delle strutture sanitarie più rinomate d'Italia. Al punto che persino il ministro Livia Turco, avvisata in diretta dall'assessore regionale alla sanità Giovanni Bissoni che era in riunione a Roma, ha detto di essere "sbalordita" da un fatto come questo, che ora costringe a mettere in moto una complessa verifica per capire il punto debole della trafila che ha assegnato ad una paziente sana un esame digitale di una paziente malata.

La direzione aziendale del Policlinico di Bologna ha subito comunicato la vicenda alla Procura, che ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo anche se tutte le carte del caso arriveranno al pubblico ministero Francesco Caleca solo stamattina.

L'operazione sbagliata è avvenuta nell'unità operativa di Urologia del Sant'Orsola Malpighi diretta dal dottor Giuseppe Severini. L'Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna ha subito avvisato la Procura della Repubblica. Il pubblico ministero Francesco Caleca ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo, in attesa di studiare le carte più complete che gli arriveranno stamani dal Policlinico. Ma anche il ministro manderà gli ispettori.

L'asportazione del rene che si presumeva ammalato (la patologia non è stata comunicata, ma non si trattava comunque di una neoplasia) è stata eseguita martedì mattina. La signora, che presentava sintomi da approfondire attorno a Ferragosto era stata ad una Tac nello stesso reparto di Urologia. Proprio nello stesso periodo si era sottoposta alla stesso esame, per il sospetto di una patologia simile, un'altra donna con lo stesso cognome. Quando i medici del reparto vedono le immagini della Tac attribuite alla signora non hanno dubbi: sono chiari i segni della patologia che e si decide per l'intervento, circa un mese dopo la diagnosi.

È un intervento in laparoscopia e quindi il chirurgo non ha la visione completa del campo operatorio, non si può rendere conto subito che quello che sta estraendo è un rene sano. Solo ad operazione avanzata e quando non era più reversibile, il chirurgo si è reso conto che qualcosa non quadrava. Troppo tardi.

Ma perché la morte, sopraggiunta due giorni dopo l'operazione? La causa sarà stabilita dalla autopsia, si sospetta una embolia. Un effetto dell'intervento che non ha certo a che fare con l'errore di persona. La signora sarebbe sopravvissuta benissimo anche con un solo rene e la questione dell'errore di attribuzione della Tac a quella paziente avrebbe comportato una causa giudiziaria solo per lesioni e tutto sarebbe finito lì. Un grave errore, ma senza tuttavia conseguenze mortali. Invece, la sfortuna che ha toccato la signora Lanzoni è stata duplice. Non solo uno scambio di diagnosi, non solo l'asportazione di un rene sano, ma anche una conseguenza post-operatoria che è stata fatale ad una persona obesa.

Dopo il decesso, immediatamente la direzione del Sant'Orsola ha avviato una indagine interna e vuol valutare "l'opportunità di assumere provvedimenti cautelativi urgenti" e si impegna "a revisionare il sistema e le procedure che gestiscono le immagini radiologiche digitali ponendosi l'obiettivo di ridurre ulteriormente il rischio di errori umani, per prevenire il ripetersi di tali drammatici errori".

giovedì 27 settembre 2007

Mio figlio sta morendo da soldato ma l'hanno mandato al macello


Intervistato da Sky: "Non vado a Roma, altrimenti mi arrestano
Era in quella zona per indagare sul traffico delle armi. Da solo"
"Mio figlio sta morendo da soldato
ma l'hanno mandato al macello"

ROMA - "Mio figlio aveva un senso del dovere totale, ma è morto per Bush, per far contento lui". Lorenzo D'Auria, 33 anni e tre figli piccoli, lotta contro la morte all'ospedale Celio di Roma. Il sottufficiale del Sismi era originario della Campania, viveva a Livorno con la famiglia, era un esperto di Afghanistan. L'agente Nessuno ha ora un nome. Il padre Mario è distrutto e parla ai microfoni di Sky: "Sono tutti assassini, io so che non c'è speranza con colpi così non si sopravvive: lui è solo un soldato, voleva fare solo questo da quando aveva 17 anni. Nemmeno i suoi amici conoscevano il suo vero lavoro".

"Non vado a Roma, mi arrestano, le dico tutte a Prodi e Berlusconi. I suoi generali mandano un ragazzo a morire, come si fa a mandarlo lì, a fare un'incursione, per capire come funzionava il traffico delle armi, per far contento Bush, che le commercia". "Lui non voleva andare, poi si è convinto: ha solo obbedito agli ordini. Domenica sarebbe tornato a casa".

Lorenzo D'Auria è stato rapito sabato scorso e liberato due giorni dopo in un blitz condotto dalle forze italo-britanniche. Nel corso dell'operazione è stato ferito gravemente. Il suo compagno è fuori pericolo, un accompagnatore afghano è morto.

(27 settembre 2007)

martedì 25 settembre 2007

Ma quanti ci costano

ROMA - Bravi ma non troppo. Per quanto si siano sforzati a seguire linee guida risparmiose e rigorose, alla fine anche al Senato i conti non tornano. O meglio, tornano, ma con una spesa superiore del 2,77 rispetto all'anno scorso e un costo finale di quasi un miliardo di euro. Per l'esattezza nel 2007 Palazzo Madama con i suoi 315 senatori, sette senatori a vita e 1.096 dipendenti ci costerà 948 milioni, 689 mila e 447 euro mettendo insieme il titolo delle spese e quelle delle partite di giro, comunque costi vivi della camera alta della nostra Repubblica. Volendo fare un paragone con Montecitorio, i bilanci dei due rami del Parlamento sono in linea: la camera bassa, infatti, ci costa circa un miliardo e mezzo ma ha il doppio dei deputati e ottocento dipendenti in più.

Il testo di legge con il "Progetto di bilancio interno del Senato per l'anno finanziario 2007" è stato approvato il 4 aprile scorso dall'aula del Senato, centododici pagine, comprensive di quattro allegati.

Si sono sforzati, i questori Gianni Nieddu, Romano Comincioli e Helga Thaler Ausserhofer, a perseguire "risparmio, trasparenza, contenimento della spesa e risanamento della finanza pubblica". A sentir loro ci sono anche riusciti visto che "la manovra di spesa ipotizzata nel 2007 registra, nel suo complesso, un incremento del 2,77 sulle analoghe previsioni del 2006, nel rispetto quindi del citato limite del 2,8 per cento previsto per il Pil nominale di quest'anno".

In sintesi, era stato deciso che l'aumento delle spese non doveva in alcun modo andare al di là della percentuale prevista per il prodotto interno lordo. E così, in effetti, è andata. Bravi, ad esempio, sono stati al Senato a ridurre le spese delle varie Commissioni d'inchiesta con tagli che arrivano fino al 75 per cento (al 67% quello della Commissione di vigilanza sulla Rai). E però, come si spiegano gli aumenti degli stipendi-indennità dei senatori (4,34%)? E dei senatori in pensione (3,31%)? O il 2,21 per cento in più della voce "trasferimento di contributi ai gruppi parlamentari"? E lasciamo perdere altre chicche del tipo i 60 mila euro della voce "medagliette parlamentari", i 200 mila euro per i corsi di lingua straniera dei senatori o i 62 mila euro per posate e stoviglie. Tutte queste cifre sono da intendere nell'arco temporale di un anno. E che fine fanno tutte quelle posate e stoviglie? Forse anche tra la buvette e i ristoranti del Senato si aggira qualche collezionista feticista. Di seguito una traccia delle spese e dei costi del Senato della Repubblica.

Stipendi, rimborsi e pensioni. Se le indennità crescono del 4,34 per cento per un valore assoluto pari a 50 milioni e 940 mila euro, va detto che i rimborsi - diarie, spese dei viaggi e costi vivi di telefoni e computer - calano del 3,3 per cento (quasi 26 milioni). Aumenta invece la spesa per i senatori "cessati dal mandato" (77 milioni e 500 mila). Il personale di palazzo Madama, commessi, biliotecari, archivisti costano circa 217 milioni di euro, tra quelli in servizio e quelli in pensione.

Gruppi parlamentari e partiti. Sono undici i gruppi al Senato e sette microgruppi all'interno del Gruppo Misto. La loro vita - il funzionamento, gli uffici, il personale, le attività di supporto ai senatori - costa circa 40 milioni di euro, il 2,21 per cento in più rispetto al 2006. La voce più cara è "contributo per le attività di supporto ai senatori", 18 milioni di euro. Altri 50 milioni di euro se ne vanno come rimborsi delle spese elettorali ai partiti e ai movimenti politici.

Commissioni d'inchiesta e parlamentari, le più virtuose. E' il capitolo in cui i senatori sono stati più attenti, scrupolosi e risparmiosi. Le Commissioni d'inchiesta hanno tagliato del 75 per cento. Le Commissioni permanenti delle giunte e dei comitati parlamentari hanno ridotto del 37%, quella di vigilanza sulla Rai addirittura del 67 per cento. "E' doveroso sottolineare - scrivono i questori - la portata dei tagli operati sulle risorse a disposizione delle Commissioni per le spese di funzionamento e sono stati fissati limiti rigorosi alle spese che le stesse possono impegnare per il loro funzionamento".

Cerimoniale, corsi di lingua e computer, medagliette. Nonostante curiosi aggiornamenti culturali come il corso per sommelier riservato ai senatori, va detto che tanti piccoli privilegi sono stati tagliati. Il capitolo "cerimoniale e rappresentanza" è stato decurtato del 14, 23 per cento anche se la spesa per il 2007 resta alta (3 milioni e mezzo di euro) di cui due milioni e mezzo solo per rappresentanza e 60 mila per delle fantomatiche "medagliette parlamentari". Per ristoranti e buvette se ne vanno due milioni e ottocentomila euro, un aumento del 3,31 per cento rispetto al 2006.

Una curiosità: per nutrire gli oltre mille dipendenti servono 1 milione e 379 mila euro; per sostenere i 320 senatori e collaboratori, la metà dei commessi, servono qualche decina di euro in più (1.400.000). Per i corsi di lingue i senatori spendono 200 mila euro e per gli accertamenti sanitari 40 mila. In generale il capitolo "Servizi di supporto funzionale" cresce del 21,2 per cento, tutta colpa delle gare di appalto il cui svolgimento costa 225mila euro. Costa di più anche tener pulito e luccicante il palazzo: pulizie, traslochi e facchinaggi si bevono quattro milioni di euro (1% in più).

Lavori in corso, quasi una fabbrica di San Pietro. Nel senso che c'è sempre un cantiere aperto da qualche parte nei palazzi del Senato. L'attività di manutenzione e restauro è ininterrotta, quasi cinque milioni di euro per le spese ordinarie (-5%) e oltre 17 per quella straordinaria (+14%). Solo per "arredi fissi e tappezzerie" se ne andranno, nel 2007, 377 mila euro per la manutenzione ordinaria e 870 mila per quella straordinaria. Ora, va bene che palazzo Madama e palazzo Giustiniani e le altre dependances sono cariche di velluti e boiseries, arazzi e tessuti, ovunque puoi ammirare tessuti e rivestimenti pregiati, però più di un milione di costi vivi in un anno...

Consoliamoci: altri 500 mila se ne vanno per la manutenzione degli ascensori; trecentomila per quella degli impianti anticincendio. Servono diciotto capitoli del bilancio, scrivono i questori, "per rendere un panorama completo delle concrete e complesse esigenze di funzionamento dell'Istituzione".

Affitti. Sono otto gli immobili in affitto, il più importante quello in via di S. Chiara, a seguire quello di via tempio del Dia, per un totale di spesa nel 2007 di 4 milioni e 343 mila euro (molto meglio rispetto alla Camera). I contratti scadranno tra il 2009 e il 2015. Da notare che quattro contratti di affitto sono con l'Empam, gli altri con privati: Casada, Immobilfin, Isma, Smom. Un altro privato - Condom - intasca circa 40 mila euro di spese condominiali per gli stabili di via e piazza delle Coppelle.

Stampa degli atti e giornali. Alla Camera erano otto. Qui sono sei milioni. Costa sempre tantissimo la stampa degli atti parlamentari. Tutto il capitolo "Comunicazione istituzionale" che comprende le pubblicazioni, le convenzioni con la Rai (satellite Rai Way per le dirette dal Senato), l'attività di promozione e comunicazione impegna per quasi undici milioni di euro. E sono stati bravi: è il 17 per cento in meno rispetto al 2006.

Calze e collant. Nell'allegato relativo ai contratti pluriennali tra luce, acqua, gas, posta e telefoni, spicca - non certo per la spesa- quello relativo al vestiario di servizio: la ditta Di Porto ha un contratto di 32.700 euro per rifornire, solo nel 2007, calze per i commessi e collant per la commesse. Il contratto scade nell'agosto 2008. Chissà, forse se ne potrebbe fare a meno.

Dove sono 98'000'000'000 di euro di TASSE!!!




Due giornalisti del Secolo XIX di Genova, Menduni e Sansa, denunciano da tempo le imposte non pagate dai Monopoli di Stato. Tenetevi forte, sono 98 MILIARDI DI EURO.
Dove sono finiti questi soldi? Ai partiti, alle Mafie, a privati cittadini? Tangentopoli in confronto sembra una barzelletta e Valentino Rossi un bambino che ha rubato le caramelle.
Visco se ci sei batti un colpo, dato che le federazioni dei Ds sono proprietarie di sale Bingo. Fini e Alemanno, così impegnati sui costi della politica, chiedete informazioni ai vostri consiglieri delle società concessionarie delle slot machine.
Di seguito la lettera di Menduni e Sansa al signor Tino, direttore dei Monopoli di Stato.

GIORGIO TINO
Direttore Generale dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), è nato ad Avellino nel 1947.

Laureatosi in Giurisprudenza all'Università di Napoli nel 1971, a 26 anni entra nell'Amministrazione finanziaria, che per un periodo rappresenta anche a livello comunitario.

Nel 1990 il Consiglio dei Ministri lo nomina Dirigente Generale, assegnandolo presso il dicastero degli Affari Esteri durante la presidenza italiana della CEE.

Due anni dopo è Presidente della Commissione incaricata di predisporre regolamenti e modulistica per semplificare la denuncia delle tasse dei lavoratori dipendenti e pensionati (730).

Nel settembre del '94 viene designato responsabile del Progetto pilota per la realizzazione di un sistema integrato (pianificazione strategica, programmazione operativa e controllo di gestione) di tutte le attività del Ministero delle Finanze, fino alla sua nomina di Presidente del Servizio per il controllo interno (S.In.Co.).

Nel 1997 è Vice Direttore Generale delle Dogane ed Imposte Indirette e, tre anni più tardi, prima Direttore Generale del Personale e poi Segretario Generale del Ministero delle Finanze, iincarico che lascia per assumere quello di Capo del Dipartimento per le politiche fiscali.

Il Ministro dell'Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti lo chiama, nel luglio 2002, a guidare i rinnovati Monopoli di Stato, dove è subito impegnato nella gestione unica di tutti i giochi, concorsi e scommesse, a cominciare dal rilancio del Totocalcio, non più di competenza organizzativa e finanziaria del CONI.

Direzione Generale:
Tel. 06 58 57 2302
Fax 06 58 57 2212

lunedì 24 settembre 2007

WiMax, in arrivo il bando


La gara per l'assegnazione delle licenze per la nuova tecnologia Tlc wireless, il WiMax, dovrebbe essere in dirittura d'arrivo.
Il ministro per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha annunciato che l'emanazione del bando "dovrebbe essere una questione di giorni. Da quel momento gli operatori avranno 60 giorni - ha spiegato - per presentare le loro offerte". Il WiMax permetterà una trasmissione radio capace di supportare servizi di banda larga, ed è molto atteso dagli operatori per le sue applicazioni che potrebbero risolvere alcuni problemi infrastrutturali delle telecomunicazioni italiane.
Il presidente dell'Upi, l'Unione delle province italiane, Fabio Melilli a detto: 'Siamo pronti a impegnare risorse sul WiMax e non disdegneremmo che qualche licenza fosse lasciata agli enti locali laddove non si facciano avanti gli imprenditori'.